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della rivoluzione di roma | 107 |
altro significato da quello di un semplice corpo consultivo, e che si voleva invece riguardare quasi come una rappresentanza nazionale. Ebbene di tutte queste cose si ha la conferma leggendo con attenzione l’atto che sopra riportammo. Si parla in esso di armamento o aumento di truppa di linea, di mobilizzazione della civica e organizzamento della riserva, dicendosi che ciò deve farsi analogamente al voto della Consulta di stato.
Dunque la Consulta si qualificava da corpo deliberante e non consultivo soltanto; si consigliava agli ordini religiosi di contribuire alle spese dell’armamento, e (cosa strana e ridicola) non si chiamavan nell’atto ministeriale ordini monastici, nè ordini religiosi, ma ordini doviziosi.
Il linguaggio è chiaro, e se si ammette la pletora, ammettersi deve di necessità l’emission del sangue, e quindi gli ordini doviziosi dovevano cavar danari ch’eran la loro pletora. E non passarono due giorni difatti che già le corporazioni religiose, rispondendo all’invito ministeriale, facevan delle offerte a Sua Santità.1
La prova che che volesse giù il papato sta in parte nel volerlo compromettere involgendolo in una guerra, ma soprattutto nella infiltrazione già da noi memorata, dei tre caporioni del movimento rivoluzionario nella combinazione miqjsteriale.
Altra anormalità inesplicabile è quel congratularsi di stare bene coi vari stati costituzionali italiani, quasi che lo star bene con essi fosse tutto, e che le altre potenze continentali (mentre non se ne parla affatto) fossero un bel nulla.
E pure questo atto, si consideri bene, se era firmato da cinque laici, portava pure la firma di un cardinale di Santa Chiesa, e di un prelato arcivescovo; e ciò sia prova e documento addizionale o delle finzioni dei governi costituzionali, o della stranezza dei tempi che correvano.
- ↑ Vedi la Gazzetta di Roma, del 13 marzo 1848.