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tarlo ancor noi intieramente, bastandoci di citarne il brano seguente:

«Eccovi dunque in cospetto, o Padre e Signore degli animi, quella Roma che molti secoli addietro cessò le stragi cittadine e le correrie barbaresche sotto l’usbergo dell’apostolica protezione. Oggi stimolata dai suoi bisogni, e fatta animosa pei vostri benefizi, prega che il suo governo sia quind’innanzi costituito per forma rappresentativa e perfettamente convenevole alla presente civiltà, durabile quanto non pur la vita, ma il nome e la gloria vostra.»

Rispose il Santo Padre quanto dignitosamente, altrettanto saviamente con queste parole:

«Gli avvenimenti che non dirò si succedono, ma si precipitano, giustificano bastantemente la domanda che ella, signor senatore, in nome del magistrato e del Consiglio mi ha fatta. Tutti sanno che mi sto indefessamente occupando per dare al governo quella forma, che è più consentanea alle attuali esigenze.

» Ognuno intende la difficoltà che s’incontra, da chi riunisce due grandi dignità, per tracciare la linea precisa che deve distinguere l’un potere dall’altro: e ciò che in un governo secolare si può fare in una notte, nel governo pontificio non si può fare che dopo maturo esame.

» Tuttavia mi lusingo che tra pochi giorni sarò in caso di annunciare, col compiuto lavoro, il risultato che spero sarà di gradimento a tutte le persone assennate, ed in conseguenza alle signorie loro ed al comune.

» Iddio benedica questi desideri e queste mie fatiche! E sperando che la religione ed i popoli siano per trarne vantaggio, pregherò continuamente affinchè dal Datore di ogni bene, che ha in mano i cuori degli uomini, possa conseguirsi il doppio scopo conducente alla vera felicità di essi popoli.»1


  1. Vedi la Gazzetta di Roma, del 7 marzo 1848. — Vedi Atti officiali, vol. I, num. 44. A. — Vedi Documenti vol. IV, num. 56 e 57.