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della rivoluzione di roma | 95 |
tuzionale certo e duraturo è il risorgimento italiano, laddove colla repubblica, nulla è di più incerto. Guardiamoci, popoli e principi, di volere sì scioccamente rifare il passato secolo; studiamoci invece di cansarne gli errori e le sventure. Nello stato attuale di Europa una repubblica, se non è antica come l’elvetica, o microscopica come la sammariniana, è cosa precaria per ragioni intrinseche ed estrinseche.»
E nella lettera al Montanelli diceva quanto segue:
«Come i sovrani d’Italia non han da temere della repubblica francese, così i popoli italiani non possono invidiarla. La libertà costituzionale non è minore in sostanza della repubblicana; ed è certo più salda e sicura. Essa è poi necessaria presentemente alla unione, che importa più di ogni altra cosa; giacchè se una setta aspirante a repubblica si formasse nella penisola, ciò basterebbe a seminare la diffidenza tra i popoli e i principi, e a distruggere l’acquistato. Oh guardiamoci da tal follia!»
E più sotto:
«Non veggo pure gran differenza tra le due forme di governo. Che cos’è un principe costituzionale se non un capo ereditario di repubblica? E un presidente di repubblica che un principe elettivo? L’essenza del governo rappresentativo sta nei modi della rappresentazione anzichè in altro.»
Il linguaggio del Gioberti ci sembra ben chiaro sotto un punto di vista, ma sotto l’altro è ben poco diplomatico, perchè contenente tali rivelazioni che sarebbe per esso stato meglio il tacere.
Primieramente quel parlare, di tre anni di lavoro fa conoscere che tutto ciò che si era veduto fino allora, in luogo di essere stato conseguenza naturale e spontanea delle concessioni papali, era stato effetto invece di un lavorìo, ed ogni lavorìo consta di macchine ch’ebbero i lor macchinisti per costruirle.