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Fin dal 1845 una società erasi formata tra il principe Torlonia e l’inglese Jackson, e l’intraprendente di strade ferrate Bonfil coll’intendimento di effettuare la linea di strada ferrata fra Roma e Bologna. Il compromesso fu sottoscritto, ed in assenza del principe anzidetto, il mio amico e compagno Bruni ed io, in nome del principe, fummo i segnatari dell’atto.

Nel 1845 però, regnante Gregorio XVI, il progetto non ottenne favore, ma il pontificato di Pio IX, e le progettate riforme, schiudevan la strada a riprodurlo. Se non che, sentendo gli schiamazzi contro i grandi capitalisti, e le tendenze semi socialistiche, c’imposer silenzio non solo, ma ci spinsero a rompere gli accordi coi Jackson e Bonfil, restituire il deposito di ventimila lire sterline che avevan fatto, e lasciare alla società nazionale il compimento di sì gigantesca intrapresa. La società bolognese ancora, che vantava i nomi di Pizzardi, Mazzacurati e Rossini, si rappiatto ancor essa, e così restaron le cose.

La commissione per tanto eletta dal Santo Padre, come è detto di sopra, non crediamo che avesse molto ad operare, perchè coi progetti immaginari non si fanno le opere colossali; e difatti non fu se non che il 7 novembre che la detta commissione diede segni di vita, come si dirà in appresso, emettendo una notificazione per la costruzione delle strade ferrate, e la indicazione di quelle che si volevano dall’autorità.1

Le intenzioni spiegate dal Santo Padre nei primordi del suo pontificato furono soprammodo benevoli. Tatto inteso a promuovere quei miglioramenti amministrativi, che mantener potessero, e rinvigorire le benedizioni del suo popolo, tutti i reclami ascoltava, alle patite ingiurie, ai danni, alle iatture, ai delitti perpetrati a danno dei privati nel miglior modo provvedeva, ed a tale effetto stabiliva perfino un’udienza pubblica. All’improvviso e senza fasto

  1. Vedi il Diario di Roma del 9 novembre 1846, e la notificazione del 1 nel vol. I, Atti Ufficiali, n. 5.