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della rivoluzione di roma | 79 |
contrario a quello qhe si voleva; sembrò quell’acqua che si usa nelle fucine per rinvigorire maggiormente il fuoco.
Diremo pertanto che in merito all’atto del perdono.
Il pensiero fu lodevole e necessario.
Il modo di esprimerlo non del tutto perfetto.
I risultati disgraziatamente tristissimi.
Ma se per converso vi fosse stata meno malvagità e ingratitudine in molti di coloro che fruirono del beneficio, per valersene contro il beneficatore, quale immenso bene non sarebbe derivato, e per la religione e pel pontificio governo? Come non si sarebbero ammansiti anche gli animi più esasperati, perfino nelle più lontane regioni? Quale trionfo sarebbe stato per la morale pubblica? L’angelo del perdono e dell’amore colle ali dischiuse avrebbe fatto il giro del globo, e signoreggiato sopra la universa umanità.
In proseguimento poi del nostro racconto, dobbiam ricordare, come, coerenti sempre al loro spirito generoso e caritatevole, prestaronsi i Romani a somministrare l’obolo, per sollevare lo stato infelice dei liberati dal carcere, e agevolare loro il ritorno in famiglia. Non vi volle molto per indurli a ciò, perchè trattavasi di opera buona e generosa. Un comitato di specchiatissime persone fu formato all’effetto di dirigere la colletta, e l’erogazione.
Mentre però ci associamo ancor noi in lodare l’opera caritativa, sommamente c’incresce che sia stato tolto ai Romani il merito di aver presa spontaneamente l’iniziativa, anche di quest’atto generoso, stantechè il Montanelli, come narrammo nel capitolo III, racconta di avere esso stesso mandato appositamente persone di sua fiducia in Roma, «onde costituirvi il comitato centrale per ricevere le oblazioni di tutta la nazione.»
Così abbiamo una prova evidente che le dimostrazioni al Santo Padre, le feste nelle città, le sottoscrizioni aperte, la moltiplicità delle stampe, tutto proveniva dalle stesse origini, tutto era segretamente dagli uomini della rivolurione comandato e diretto. Chi amasse conoscere tutte le