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parire spontaneo e naturale quello ch’era calcolato e artificiale, il tripudio non accadeva, il papa non si mostrava alla loggia del Quirinale, la benedizione non avrebbe avuto luogo, le muse si tacevano, i giornali non parlavano, e le Provincie non avrebber fatto eco alla capitale, se la capitale fosse restata muta. L’atto avrebbe esistito, i beneficati avrebbero fruito del beneficio, ma tutto ciò si sarebbe, passato tranquillamente. mentre coll’astuzia della prima dimostrazione il mondo andò a poco a poco in fiamme.

Questo episodio del pontificato di Pio IX essendo di tutti il più superlativo, e da esso essendo emanato tutto il resto, ci troviamo costretti di diffonderci maggiormente sulle circostanze che lo accompagnarono, quantunque sia stato da altri storici con più o meno esattezza narrato. A tal effetto potranno consultarsi le opere che indichiamo a pie di pagina.1

La descrizione che ne dà il Farini è meritevole di elogi sotto alcuni rispetti. Pur tuttavia lascia molto a desiderare, e quindi ciò che abbiamo detto e sarem per dire riempirà le lacune che nella sua storia occorsero, e dirà quelle cose ch’esso ignorò, o che credette di tacere, ma la cui narrazione non potrà non ispargere una luce vivissima sulle vere origini del movimento romano.

Proveremo pertanto in questi scritti:

1.° Che l’atto di amnistia fu in certo modo richiesto anzi provocato, siccome arra di conciliazione fra le provincie e la capitale;2

2.° Che a Roma interessare non poteva, stante lo scarsissimo, impercettibile numero de’ suoi concittadini cui avrebbe giovato;


  1. Grandoni, Opera citata pag. 12. — Torre, Memorie storiche, Torino 1851, vol. I, pag. 7. — Ranalli, Opera citata, vol. I, pag. 26. — Gualterio, Opera citata, vol. II, in principio. — La Rivoluzione Romana al giudizio degl’imparziali, Firenze, 1850, pagina 29. — Le feste del popolo romano, ovvero estratto dalla Pallade di Gerardi, pag. 65.
  2. Vedi Gualterio, vol. I, parte II, pag. 611.