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della rivoluzione di roma | 41 |
Ei fu appunto in questi frangenti, e con questa disposizione di animi, che accadde la morte di Gregorio XVI.
Facevansi apparecchi per una festa popolare che nella sera del primo di giugno darsi voleva dal principe Torlonia nella sua villa fuori la porta Pia, e per dare ordine alla riunione, presiedevo io stesso che scrivo alla distribuzione dei biglietti d’ingresso alle 9 antimeridiane, quando ebbi una chiamata dal conte Lutzow ambasciatore di Austria, per prevenirmi che il papa era morto.
Al tristo annunzio fu sospesa incontanente la festa, ma tanto è lungi che se ne sapesse la ragione generalmente, che verso le ore 11 antimeridiane, persona di alto affare mandò a richiederci de’ biglietti.
Tocchiamo queste particolarità per far comprendere con quanto riserbo si cercasse di propalare l’acerbo caso. Certo si è che i cittadini in genere, anche la parte più ragguardevole, vennero in cognizione della morte del pontefice assai più tardi che non avrebber creduto. Perchè poi si volesse tale riserbatezza, nel propagarne la novella, dal fin qui narrato fia agevole il congetturarlo.
Quei che veggono assai più in là nelle cose politiche, che non l’occhio del volgo, erano per siffatta perdita gravemente impensieriti, perchè scorgevano già addensarsi da lontano quella procella che doveva poscia discaricarsi su Roma, ad allontanare la quale non vedevano chi fosse da tanto.
Si rattristavano i buoni in vedere che l’ironia, i motteggi, e la disistima fosser pressoché nelle bocche di tutti.
Ammettasi pure che vi soffiasser per entro elementi a Roma estranei, e con fine perverso. Egli è un fatto incontrastabile però che così per gli scritti che leggevansi, sia nella solitudine dei chiostri, sia fra le mura domestiche, e molto più dalle ardenti scolaresche, anche per il pascolo che più ampio somministravano le satire giocose e pungenti, ed i componimenti poetici, ora scherzevoli, ora aspri ed acerbi, come per il parlare libero e franco che apertamente fa-