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In una parola, niun tratto di vero patriottismo, niuna azione gloriosa per coraggio civile si vide, in senso sopratutto di sostenere quella sovranità dalla quale fiduciosamente ricevette l’esistenza, ninna protezione a quell’ordine religioso cui la violenza sbandeggiava tirannicamente dal suolo italiano. Tali sono gli addebiti che chi sente scorrere nelle vene il sangue latino può rinfacciare a buon diritto alla tanto esaltata civica romana.

Che se a ciò aggiungasi e lo sciupío del tempo, e lo spendio del denaro, e il disordine delle amministrazioni, e le succhiate pervertitrici dottrine, dovrassi concludere essere stata la istituzione della civica romana tale una misura, da doversi deplorare sotto tutti i riguardi.

Queste parole di biasimo però non già ricader facciamo sopra l’uomo venerando che fiduciosamente la istituì, ma sì bene sugli uomini ingannatori che fra mille proteste di devozione e di attaccamento la consigliarono quale unico necessario presidio della sovranità concedente, e dell’ordine pubblico minacciato.

Il Farini nel primo volume della sua Storia tocca leggerissimamente la istituzione della guardia civica, e in ciò fare si è mostrato molto accorto;1 il Ranalli invece ne esalta poeticamentc la istituzione e l’accoglienza che incontrò.2 Ma di ciò non può farglisi addebito, perchè non trovandosi in Roma, gli fu forza fidarsi alle relazioni del suo corrispondente, il quale frequentatore forse del caffè Nuovo o di quello delle Belle Arti, prese in cambio le ovazioni di un caffè con quelle della città di Roma.

Avendo detto abbastanza della civica, lasciamo questo argomento per trasportarci nel campo delle finanze di Roma in sul finire dell’anno 1847, e farvi sopra alcune osservazioni.

Noi già toccammo questa materia parlando delle cose di Roma al terminar dell’anno 1846; e mentre demmo

  1. Vedi Farini, I. vol. pag. 199.
  2. Vedi Ranalli, I. vol. pag. 162.