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conte Mamiani nel maggio del 1848, come si dirà in appresso.1

Sarebbe stato desiderio di molti d’indossare semplicemente una tracolla per sostenere una giberna, ed esser muniti di un fucile senza uniforme però, onde meglio conservare l’autonomia del cittadino, ed escludere quella del militare. Ma gridossi essere più bella e più dignitosa cosa l’uniforme. E si provvide a chi non poteva sostenerne la spesa, trovando il modo con buona grazia d’indurre i ricchi a contribuirvi in gran parte.

Quindi ebber luogo lotte interminabili per l’adozione o dell’elmo, o del giaccò. Sterbini scrisse in favore dell’elmo.2 E l’elmo venne adottato, perchè faceva meglio rassembrare i militi a quelli dell’antica Roma. Il Farini dice poche ma assennate parole nella sua storia in merito alla guardia civica, le quali sono perfettamente consentanee alla verità.3

Il 30 di luglio fu pubblicato il regolamento della guardia civica.4 Le uniformi dei vari gradi furono adottate,5 e si ebbe dopo qualche mese una civica magnificamente montata. Bella a vedersi, destra al maneggio delle armi, animata in gran parte dall’amore di corpo. Ma lo spirito non era quale doveva essere. L’idea del bello personale prevaleva siffattamente, che non era piccolo requisito pel conferimento dei gradi l’esser dotato di un bel viso e di belle forme.

Si riconobbe subito però dai discorsi che voleva farsi della civica non già un corpo per tutelar le case, le famiglie, i pubblici e i privati stabilimenti, e per essere di spauracchio ai ladri e di remora ai sussurroni, ma un’ar-

  1. Vedi Documenti, V. vol. n. 95.
  2. Vedi Documenti, III. vol. n. 18.
  3. Vedi Farini lo Stato romano, I. vol. 3.ª edizione, pag. 313.
  4. Vedi il I. vol. Motu-propri, n. 17.
  5. Vedine i figurini nel vol. Stampe e litografie dal n. 33 al n. 36.