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primi mesi, sia per essersi addestrati nel maneggio delle armi, vi era di che andar superbi per la formazione di un sì bel corpo militare. Non negheremo neppure che in moltissimi incontri seppe favorir l’ordine, ed adempiere bene il proprio dovere, e che in su i primi specialmente ispirasse molta fiducia alla città di Roma in guisa da dover professare alla medesima grandi obbligazioni.

Se non che, come accader suole, molto del buono andavasi ritirando, e molto cattivo vi si traforava, e così la disciplina si rilasciava, e le cattive massime vi s’infiltravano e apertamente si diffondevano. Nè poteva essere altrimenti; imperocchè e colla parola e cogli scritti esercitavasi in ciascun quartiere un colpevole apostolato. Tutte queste cause riunite fecer sì poi che nel momento in cui avrebbe potuto salvare il paese dall’anarchia che lo minacciava, tutelare la persona del sovrano, e il compromesso ordine pubblico, s’inteser rispondere i capi della civica: che sulla medesima non poteva farsi assegnamento veruno.

La guardia civica fu viziata in sul nascere. Non se ne comprese il mandato, se ne disconobbe lo spirito, se ne falsò l’oggetto. Non sentivasi parlare che di coraggio e di patriottismo, sopra tutto per le elezioni delle cariche, mentre tutti coloro che ben pensavano avrebber voluto che sentisse di essere incarnata in se la preservazione dell’ordine pubblico, e nulla più.

Dcsideravasi che comprendesse dover essere le questioni politiche estranee affatto alla medesima, e invece ogni quartiere, cui i giornali della rivoluzione erano inviati gratis, era convertito in una palestra di politiche discussioni.

Sarebbesi dovuto far sentire a tutti in generale, ed a ciascuno in particolare, che la guardia civica non era nè poteva essere un corpo deliberante, e invece ella tenendosi in relazione coi circoli, e coi capi del giornalismo, agiva per impulso di questi e di quelli, e giunse perfino a pubblicare un manifesto di adesione ai principi (che in linguaggio moderno diconsi programma ministeriale) del