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gretario di stato che spalleggiato dal fratello, avrebbe fatto buon viso alla contrastata istituzione. E gli atti posteriori mostrarono di fatto il favore di cui godette la civica sotto il suo ministero.

Promulgato il decreto per la guardia civica il 5 di luglio 1847, già il 10 spedivasi al cardinal Ferretti l’invito di recarsi in Roma per rimpiazzare chi alla civica erasi mostrato non molto favorevole.

Non è vero ciò che si disse delle feste e della gioia prodotte dalla promulgazione del decreto; e salvo pochi fanatici che l’applaudirono, i più non videro in essa che una vessazione e un disagio; forse una compromessa; una noia di certo. Ma quando i pochi parlavano non solo ma gridavan da forsennati, e i molti tacevano, finivano i pochi per aver ragione; e chi sentivasi restìo in cuore doveva (per quella proverbiale assenza di coraggio civile che caratterizzò in quel tempo i migliori fra i Romani) mostrarsi ridente sul labbro, gongolante per la gioia, e approvatore a parole di ciò che con tutta la forza dell’animo ripudiava o mal suo grado ammetteva. È un fatto insomma che dopo uscito il decreto, quasi niuno o pochissimi si mossero per andarsi a inscrivere ne’ ruoli.

Questa freddezza però colpi siffattamente chi voleva la civica ad ogni costo, che suggerì l’espediente di ricorrere alla famosa congiura onde metter le armi istantaneamente e tumultuariamente nelle mani de’ vogliosi di averle, fra i quali però, convien confessarlo, furon non pochi di bonissima fede, e decisamente onesti.

Come ben si comprende però, nella necessità impellente di cercare chi prender volesse la difesa della popolazione minacciata come dicevasi da una masnada di assassini, non si guardò molto pel sottile in quali mani ponessersi le armi. Questo bensì diciamo, perchè fu da noi osservato che la carica importantissima di aiutante bass’officiale del nostro battaglione terzo venne confidata a quel Montecchi che era stato condannato per complicità nella cospirazione