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Sentivan pur troppo (parliam sempre de’ promotori, e non di quelli visibili ma degli occulti) che o le concessioni ottenute o le riforme che si potrebbero ottenere niuna valida guarantigia presenterebbero, se non fossero sussidiate dalle armi nelle mani dei popoli concessionari, i quali sapessero all’occasione difendere il conquisto.

Sentivano infine che ove il governo avesse voluto ritirar la mano distruggendo il già fatto, e ricusando il la farsi, non sarebbe stata cosa sì agevole, quando il popolo armato si fosse sentito in forza di non lasciarsi strappare la concessioni ottenute. Mille insomma essere i vantaggi va sperarne, nimno il danno da temerne; savio consiglio pertanto favorire in tutti i modi possibili la formazione ed il consolidamento della guardia civica. Questi erano i discorsi e gli intendimenti apertissimamente manifestati dai direttori del movimento romano, che parte qui, parte all’estero risiedevano.

Niuno potrai contrastarci che nei primordi del pontificato di Pio IX non si pensava nè punto nè poco alla guardia vivica, e pochissimi vi pensavano quando s’incominciò a parlarne: ma a forza di dire e ridire, a forza di domande dalle provincie sotto simulati pretesti, a forza infine di agitazioni fittizie, cominciarono a credere alcuni cittadini influenti e ben veduti dall’autorità, essere effettivamente da desiderarsene la istituzione; e quando si ritenne esser maturo il tempo da provocarne l’attuazione, raddoppiaronsi gli sforzi presso le alte regioni del potere per averla. A nulla valsero i tristi presagi dell’eminentissimo Gizzi, allora segretario di stato, e le mal celate e da noi già memorate contrarietà sue ad occordarla: la tela era sì bene ordita, che si giunse finalmente ad ottenere l’assenso sovrano, ed il 5 di luglio, come dicemmo nel capitolo XIV, venne solennemente istituita.

Niun danno derivò ai campioni del liberalismo per la minacciata e poscia realizzata rinunzia del Gizzi, perchè vi si era già provveduto colla elezione di tal nuovo se-