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452 | storia |
Si chiuse assai mestamente l’anno 1847, imperocchè il 31 di dicembre passò a miglior vita quell’angelo di virtù sì religiosa come civile, vogliam dire il commendatore Don Carlo Torlonia colonnello del secondo battaglione civico, vero esemplare di cristiana filosofia.
Indescrivibile fu il dolore (come bene si diè a cononoscere dal trasporto della sua salma) da che fu compresa tutta la popolazione per la perdita di tanto illustre personaggio. I poveri massimamente non è a dire quanto mai ne fosser rattristati, come quelli che avevan perduto in lui il lor sostegno, il loro amico, il loro padre amorevole, colui insomma che sapeva usar bene delle sue dovizie, non col farne getto a contentamento dell’umano fasto, ma sì bene col largirle e profonderle copiosamente con vera carità cristiana a sollievo degl’indigenti.
E ciò che spiacque sopra ogni altra cosa fu lo aver penetrato la causa della sua morte, che si attribuì al cordoglio da lui provato nel veder cinicamente calunniata dal Paradisi la sua famiglia. Ciò dava a presagire anche maggiori sventure; imperocchè come nel Torlonia si riconobbe la prima vittima immolata al demone della rivoluzione ed al suo braccio destro, ch’è la libertà della stampa, così si previde che altre molte, per effetto della rivoluzione stessa, sarebber state in seguito immolate.
Declinò difatti nè più si riebbe la sua salute dopo la falsa imputazione del Paradisi: e così parve che il cielo volesse richiamare al riposo de’ giusti un uomo sì intemerato, sottraendolo a tanti altri dispiaceri a cui forse sarebbe andato incontro, e serbandogli incontaminato lo sguardo dalle tante sozzure e indegnità che si sarebber commesse nel vegnente anno 1848.
Furono in simile luttuosa occasione pubblicate poesie e descrizioni dei funerali e degli onori ricevuti, le quali potranno leggersi nel terzo volume dei documenti.1
- ↑ Vedi il III vol. Documenti dal num. 130 al 132