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3.° — La stampa clandestina introdottasi a dispetto dell’autorità e degli uomini saviamente liberali per gittar nel disprezzo molte persone oneste, perchè accusate come nemiche allo iniziato movimento.

4.° — La festa ai prati della Farnesina il 7 di ottobre, l’affratellamento dei corpi armati, e la infrazione flagrante della militar disciplina.

5.° — I clamori di piazza per la destituzione del Betti dall’ufficio di censore politico sulla stampa pubblica onde costringere in certo modo il Santo Padre a ribenedirlo.

6.° — Le scene ridicole e disgustose al caffè del Bagnoli il 21 di ottobre, e la multa impostagli di scudi cinquanta ond’esser riabilitato alla continuazione del suo traffico.

7.° — L’attacco quanto scandaloso altrettanto veiognoso del Paradisi contro l’onore del principe Torlonia nel novembre del disgraziatissimo anno 1847.

8.° — La dimostrazione del 3 decembre contro il Sonderbund.

9.° — Quella infine del 10 contro lo stampatore dello scritto del Geraldi.

Si rammentino, ripetiamo, tutti questi sconci: e poi ci si dica se abbiamo a lodarci della rivoluzione e de’ suoi fautori, che coll’essersi frammischiati nel movimento di un equo e verace progresso iniziato dal Santo Padre, ne viziaron lo spirito, e ne adulterarono le conseguenze, arrestando altresì quelle ulteriori riforme che nella sua gran mente andava maturando per farcene un dono.

Se gli esorbitanti non si fosser mischiati nelle nostre faccende, noi fruiremmo già delle migliorie accordate; e invece, dopo un anno e mezzo di chiassi stucchevoli, e di esagerate baldorie, niun bene reale venne a confortarci, ma sì molti mali ci vennero ad aggravare.

Questo per ora: ma ben altre cose più forti e più lagrimevoli avrem da dire in seguito. E con ciò terminiamo il capitolo XXII.