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scritto portava per titolo: «Discorso ai Romani per i fatti dilla Svizzera,» ed era firmato da Pietro Geraldi.1

Gli agitatori allora ch’eran sempre in sull’avviso, ed eran fatti ognor più audaci dalla impunità che incontravano e che gl’inanimiva ad osar tutto, sfacciatamente presero ad insultare e schiaffeggiare villanamente alcuni ragazzi che portavano in vendita gli stampati. Fattisi quindi a discoprire lo stampatore ch’era nel palazzo de’ Sabini, ivi recaronsi furiosamente per manomettere e distruggere i torchi, la qual cosa avrebbero potuto agevolmente eseguire, se la civica non fosse sopravvenuta prontamente per proteggere la tipografia.

Ed ecco il Giornale officiale del giorno 11 che nuovamente ci racconta l’avvenuto allo scritto del Geraldi, e le improntitudini che provocò, facendone le querimonie e minacciando di far uso del rigore e della forza, onde non si rinnovino siffatti disordini.2

Quanto alla forza crediamo che non l’avesse, perchè il male erasi talmente aggravato in quel tempo che il governo, al di là della minaccia, null’altro avrebbe potuto fare.

Intanto di queste più che irregolarità, indegnità incontestabili, niun giornale parlò, salvo che il Diario di Roma ch’era il foglio del governo. Il solo padre Geramb abate generale della Trappa, commosso dagli avvenimenti della Svizzera, inserì una sua lettera nel Diario di Roma del 18 per aprire una sottoscrizione in favor delle vedove, degli orfani, e dei feriti nella guerra sostenuta dai Cantoni cattolici. E perchè questo silenzio sopra tali fatti che dovevansi da tutti riprovare apertamente e coraggiosamente? La risposta è semplice e chiara. I giornali politici che avevansi in allora, furon tutti fondati nel senso di favorire o di guidar la rivoluzione,. e non già di avversarla.


  1. Vedilo insieme con altro opuscoletto nei Documenti vol. III, n. 126 e 127 A.
  2. Vedi il Diario di Roma, dell’11 decembro 1847 prima pagina.