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il 3 febbraio 1848, conosciutisi appena i cambiamenti politici nel reame di Napoli, partì a quella volta per ivi far gustare gli effetti della sviscerata protezione dell’Inghilterra.

Fu ricevuto durante la sua permanenza in Roma più di una volta dal Santo Padre, con molta distinzione ed amorevolezza. Non dette però consigli, perchè il Santo Padre non ne abbisognava e non gli avrebbe ricevuti giammai da un messaggiero inviato dal governo inglese. D’altra parte la sua qualifica non officiale, ma semplicemente officiosa, noi comportava. Le miserie degl’Irlandesi si disse, ed il desiderio di alleviarne le sorti, essere stato il tema dei discorsi fra il Santo Padre e l’anfibio rappresentante della Gran Brettagna.

L’alta società lo conobbe nelle conversazioni serali. In un’accademia che davasi al teatro di Apollo dal principe Torlonia per onorare lo installamento della Consulta di stato il 15 novembre 1847, lord Minto, invitato nei palchi riservati pei consultori, vi fece la sua comparsa, Ci intervenutovi per alcuni istanti anche il Ciceruacchio, questi confabulò col lord inglese, il quale usò tale affabilità di modi, quasi che si trattasse fra potenza e potenza. Il nobile lord edificò tutti, perchè dette a conoscere che l’inglese aristocrazia, superba coi superbi, non isdegnava d’intrattenersi famigliarmente cogli umili, simile in questo agli antichi Romani che professavano il principio del parcere subjectis et debellare superbos.

La sera al tardi, ritornato a casa il milord, ebbe dal solito popolo una dimostrazione sotto alle sue finestre. Ed egli presentatosi al balcone, applaudì al Sommo Pio, alla patria nostra, alla indipendenza italiana, come ci raccontò la Pallade.1

Fra gl’individui che più di frequente lo avvicinavano erano, oltre il prediletto Ciceruacchio, il principe di Canino, il Masi, lo Sterbini, e il d’Azeglio; il suo ritrovo

  1. Vedi la Pallade num. 100, pag. 2; vedi l’Italia pag. p7.