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LETTERA


di Giuseppe Spada ai suoi concittadini, nella quale spiega lo scopo che si era proposto nel fare la sua collezione Storico-politica, e nello scrivere alcune memorie sugli avvenimenti occorsi in Roma dal 1 Giugno 1846 al 15 Luglio 1849.


Gli avvenimenti, che dall’anno 1846 all’anno 1849 succederonsi, farono così imprevisti a Roma, e la loro rapidità nello svolgersi così sorprendente, che vennero a colpire siffattamente la mia immaginazione, nudrita fino allora da una atmosfera tutta pacifica e tranquilla, che m’indussero a fare le più serie riflessioni sopra un soggetto sì tristamente importante.

La facilità poi colla quale uomini dotati anche di talento e di esperienza si lasciavano circonvenire ed illudere specialmente nell’anno 1847 dagl’inganni orditi da una rivoluzione larvata, la cui portata fu di gran lunga maggiore di ciò che comunemente si crede, la propensione in quasi tutti a sragionare, a chiudere gli occhi ai pericoli, a sognare il ritorno della età dell’oro, a credere ai ciarloni e agl’impostori, a ritenere per cime d’uomini individui destituiti non solo di principî, ma di posizione sociale, e viceversa il non prestare più ascolto alle persone assennate, non che l’acciecamento fatale che nelle alte, nelle medie, e nelle basse regioni della società prevaleva, offrivano un sì strano spettacolo, che, mentre commossero altamente l’animo mio, m’indussero a escogitare il modo, onde la rimembranza di tali avvenimenti non andasse perduta ad ammestramento dei presenti o dei posteri.

Possibile (diceva io fra me stesso nell’anno 1847) che il senso comune abbia fatto divorzio dal mondo, e che la società, senza addarsene, corra precipitosamente verso la sua rovina?

Difatti, se tu affacciavi un dubbio, un dubbio solo, se facevi una opposizione un po’ sensata, ti sentivi schernire, deridere,