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della rivoluzione di roma | 361 |
[Anno 1847]
Aprivasi il mese di ottobre sotto men lieti auspici. Il governo aveva toccato con mano essersi appiccato o andarsi ad appiccare il fuoco all’Italia intiera, poichè le grida nella stessa Roma non eran più di papa soltanto ma d’Italia e d’indipendenza. Tali grida s’intesero risonare nei pubblici teatri, tali risonarono nelle pubbliche strade le sere dei 7 ed 8 dello scorso settembre, e tali pure echeggiavano sotto le volte dei circoli divenuti quasi tutti fomiti manifesti di politiche macchinazioni. Ormai eransi tutti chiariti che una leva stessa mosse quelli di Roma, quelli di Firenze, e quelli di Milano nel medesimo tempo. Ricordavansi le ovazioni farnetiche fatte al Canino ed al Masi il giorno 10 in Livorno, e la festa federale del giorno 12 in Firenze per la guardia civica, che finalmente venne strappata a forza al granduca di Toscana,1 e non si dimenticava l’immediato e tumultuario armamento della civica in Livorno il giorno 20.2 Erano infine presenti a tutti le parole bellicose di Carlo Alberto palesate