Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
346 | storia |
all’affollato popolo la benedizione. Sul selciato avanti il trono era un magnifico tappeto di fiori naturali. Finita in sul mezzogiorno la cerimonia il Santo Padre fra le acclamazioni restituissi al Quirinale, ove la folla lo seguì per ottenere un’altra volta ancora la benedizione.1
La sera pel Corso furonvi assembramenti dì giovani, e udironsi canti e grida contro i Gesuiti. Don Carlo Torlonia in uniforme civico era sulla piazza di Venezia, e imbattutosi con essi, riuscì solo a distoglierli dal proseguire con quelle grida incomposte. Volevasi gridare sotto il pilazzo di Venezia, ma le esortazioni del Torlonia, e quelle dello stesso principe di Canino (che raccontollo a noi che scriviamo) valsero a farli desistere, e a rimandare tatti alle case loro.
Queste dimostrazioni delle sere dei 7 e 8 di settembre increbbero molto al Santo Padre, e ne fece esprimere la sua disapprovazione nel giornale officiale.2 Fosse poi caso, o accordo preconcertato, occorsero in quelle sere eguali dimostrazioni in Firenze e in Milano.3
Sotto la stessa data dell’8 settembre il celebre Mazzini indirizzava al Santo Padre una lettera che molti giornali riportarono, nella quale fra le altre cose diceva: «Nella grande tradizione dell’unità ho studiato la tradizione italiana, e v’ho trovato Roma due volte direttrice del mondo, prima per gl’imperatori, più tardi pei papi: vi ho trovato che ogni manifestazione di vita italiana è stata manifestazione di vita europea, e che sempre, quando cadde l’Italia, l’unità morale europea cominciò a smembrarsi nell’analisi, nel dubbio, e nell’anarchia. Credo in un’altra manifestazione del pensiero italiano, e credo che
- ↑ Vedi le Notizie del giorno del 9 settembre. — Vedi il Documento n. 58 nel vol. III, Documenti.
- ↑ Vedi il Diario di Roma del 14 settembre.
- ↑ Vedi il Mondo illustrato, pagina 595. — Vedi Ranalli, vol. I, pagine 262. — Vedi il Corriere livornese, degli 11 e 14 settembre. — Vedi L'Alba di Firenze, del 10. — Vedi Farini, vol. I, pag. 265.