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288 | storia |
rando, chiariranno, meglio che tutte le dissertazioni, la verità della nostra sentenza.
Per rispondere poi a quelli fra i nostri concittadini, cui potesse sembrare acerbo il giudizio che abbiam pronunziato su quel circolo, al quale e di buona fede, e con rettitudine d’intenzioni si aggregarono, non sia discaro di leggere la nostra narrazione, e vi scorgeranno che abbiam già prevenuto la loro osservazione, quando abbiamo detto che man mano che gli esagerati vi entravano, davan lo scacco a quelli di più moderati sentimenti; cosicchè i nostri concittadini non avran che a dire: «ed io fui di quel numero.»
Chi è poi non sappia che in aggregazioni siffatte giuocasi il più delle volte con colpi di destrezza, e si fan comparire atti e risoluzioni, che la maggiorità non conobbe o alle quali non prese parte veruna? Troviamo più esplicito, e più sincero il Montanelli, il quale ci dice: «Che tutte le deliberazioni di momento si agitavano nel circolo romano come in parlamento supremo.»1
Ebbe incominciamento il circolo romano, secondo l’opini di di molti, da una semplicissima riunione di alcuni giovani, che in casa Muti all’Ara Coeli tenevasi nell’anno 1846 col solo intendimento d’istruirsi e comunicarsi vicendevolmente le cose che in allora occorrevano, e che tanto interesse destavano nella romana gioventù.
Vuolsi che sullo scorcio del detto anno e sui primi del 1847 un illustre professore di chirurgia assumesse l’impegno di regolarne la formazione e l’assetto mediante uno statuto, e che si adoperasse per ottenerne l’approvazione dalla competente autorità.
Nel marzo del 1847 venne approvato lo statuto,2 e nell’aprile, secondo il Ranalli,3 venne aperto ostensibilmente nel palazzo Bernini al Corso.
- ↑ Vedi giuseppe Montanelli. Memorie vol. II, pag. 49.
- ↑ Vedilo nel vol. II, Miscellanee, n. 9.
- ↑ Vedi Ranalli. vol. I. pag. 93.