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sono essi che danno gl’impulsi, e, formando un governo dentro al governo stesso, finiscono essi soli col governare effettivamente ed in modo tirannico. Resta allora il governo di nome soltanto, come un ente puramente nominale ed astratto, ma ligio e subordinato al potere dei circoli divenuti i veri padroni.

Nè i tempi moderni sono in ciò dissimili dagli antichi.

In prova di che ci basta di citare il Guerrazzi, uno dei campioni, della rivoluzione toscana.1

«In quei tempi, esso dice, i circoli niente meno si reputavano ed erano padroni, e lord Hamilton, ministro inglese in Firenze, scriveva a lord Palmerston: queste formidabili assemblee (i circoli) governano il governo. È impossibile esagerare il terrore e la desolazione di questa bella città.»

Ed il Brofferio dice quanto appresso:

«Il circolo nazionale stabilivasi in Torino al tempo delle prime elezioni dei deputati. Aveva origine dal comitato elettorale del quinto collegio ec. In mezzo al popolo era Brofferio nel suo elemento; quindi poneva ogni maggiore diligenza perchè il circolo assumesse l’importanza di un consesso nazionale e si trovasse in relazione colle camere e coi ministri. Per tal modo queste cittadine adunarne acquistavano tale popolarità, che le loro deliberazioni avevansi in particolar riguardo non meno dal governo che dal parlamento.2

Vedano i nostri lettori che non si tratta di bagattella, perchè i circoli, secondo il Brofferio, eran considerati eguali in potenza al governo ed al parlamento piemontese.

Passiamo ora a sentire ciò che ne dice Felice Orsini nelle sue Memorie3.

«Il Manin in Venezia pose direzione alla cosa pubblica, e con man ferma fece si che i circoli popolari, i quali

  1. Vedi Apologia della vita politica di F. D. Guerrazzi pag. 313.
  2. Vedi Brofferio, Storia del Piemonte, pag. 191.
  3. Vedi le Memorie di Felice Orsini.