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della rivoluzione di roma | 273 |
di cui parlava il rapporto del signor tenente-maresciallo, e la protesta dell’eminentissimo preside della provincia; quello non poteva in ogni caso autorizzare il signor tenente-maresciallo ad attivare contro gli accordi posteriori al trattato di Vienna, ed alla lunga consuetudine, le pattuglie austriache nei punti della città in essa protesta menzionati; tanto più che il fatto d’onde derivò questa misura, quantunque sia fuor di dubbio assai dispiacente, non sembrava però apprestare fondata apprensione intorno alla personale sicurezza della truppa, massimamente dopo le disposizioni date dall’eminentissimo legato onde non avessero a riprodursi cotali inconvenienti.
» Lungi pertanto Sua Santità dal volere menomamente supporre che la misura adottata dal signor tenente-maresciallo sia consentanea alle istruzioni da esso ricevute dalla sua I. e R. corte, ha invece espresso pubblicamente, per organo del mio ministero, la sua ferma credenza che la I. e R. corte sia per fare buon diritto alle nostre analoghe rimostranze.
» E qui mi trovo dispensato dall’addurre i motivi che mi obbligarono di dare alla protesta del sullodato cardinal preside, ed alla conseguente approvazione sovrana la maggiore notorietà; dappoichè alle osservazioni generali di sopra istituite si aggiunge nel caso il particolare riflesso di una pubblica violazione degli accordi fra due governi, e la gravissima responsabilità ministeriale che io andava ad assumere, se dopo aver notificato al pubblico le assicurazioni già datemi dal signore ambasciadore che il governo austriaco non aveva intenzione d’intervenire non chiamato, il nostro governo si fosse rimasto indifferente ad una misura, che si riguardava come un certo preludio, ed aveva infatti tutta l’apparenza di una occupazione per parte di truppa estera.
» Io prego vostra signoria illustrissima e reverendissima di valersi del fin qui detto col signor principe Metternich,