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Pietro Ferretti fratello del cardinale nuovo segretario di stato. E se facciamo una menzione speciale della sua venuta, egli è perdio la riguardiamo siccome cosa di grave importanza.

Eletto appena da Sua Santità il cardinale a nuovo segretario di stato in quei tempi difficilissimi, divisò di chiamare il detto fratello in Roma per giovarsi de’ suoi lumi e della sua assistenza in fatto di politica, e dì finanza.

Come suddito e figlio dovrei, chinando il capo, rispettar la scelta. Come storico però m’incombe il dovere di dir la verità e non occultare nè ciò che si disse, nè le conseguenze palpabili ch’emanarono da una scelta siffatta. Il mio discorso pertanto sentirà di tutt’altro che di apologia.

Poteva la scelta dell’eminentissimo Ferretti, amico e parente di Sua Santità, uomo dotto superlativamente nelle discipline ecclesiastiche, integerrimo, caritativo ed energico, (come lo provarono il suo zelo apostolico in Napoli nel curare i colerosi, ed il suo coraggio nel 1831 contro i ribelli in Rieti) se non considerarsi per buona, riguardarsi come passabile in tempi calmi e tranquilli, ma col permesso di chiamare a sussidio il conte Pietro suo fratello, in tempi torbidi e procellosi, pieni di pericoli e d’inganni, fece al che molti considerasser la scelta siccome fatta con non molta avvedutezza, tanto più poi che il Ferretti, quantunque dotato di molti meriti personali, era sempre l’uomo del 1831, ed uno dei pochi eccettuati dall’amnistia di quel tempo.1 Nè cosifatti uomini sono da esporre a tale cimento come quelli che rare volte si svestono di quelle massime, che contratte nella prima giovinezza, vennero in essi rinvigorite col maturar dell’età.

Fu chiamato è vero anche il Silvani, ma per riformare i codici; fu accolto l’Orioli, ma per iscrivere nei giornali

  1. Vedi elenco degli individui esclusi dall’amnistia, nel vol. XV delle Miscellanee, n. 10.