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Il Ranalli racconta la cosa in tal guisa, che sembra il fac simile della congiura di Roma. Ecco un brano del suo racconto:

«Il minuto popolo livornese preso da falso timore di una congiura, che si diceva ordita contro di lui dai così detti birri, usciva furioso per lo vie della città, non solo per incarcerar quelli, ma altresì quanto persone erano a lui indicate per sospette. Inutilmente fu tentato di sedare il tumulto, e sol la notte impedì che si prolungasse. Parve quindi al governatore non solo opportunità, ma necessità suprema l’armare subito la guardia civica.»1

Oli Spagnuoli adunque per tutelarsi dal nemico alla frontiera, i Livornesi dal nemico in città, fecero e vollero le stesse cose, e ciò che vollero ottennero cogli stessissimi mezzi. La identità di questi casi non dubitiamo che sorprenderà fortemente chi no leggerà la narrazione, e potrà riuscirò di utile ammaestramento ove casi consimili si rinnovassero.

A compiere la narrazione di ciò che accadde in quel giorno memorando (parliam sempre del 15 luglio) diremo che mentre la popolazione baccante percorreva le vie di Roma un po’ ridendo, un po’ sbeffeggiando i vinti e schiamazzando ironicamente per la sventata congiura, mentre il Corso brulicava di gente in istato d’indicibile concitamento, giungeva in Roma e passava pel Corso il nuovo segretario di stato cardinal Gabriele Ferretti chiamatovi da Pesaro, e veniva festeggiato con applausi fragorosissimi. Rispondeva il cardinale a quella ovazione con segni di gioia, di riconoscenza, e di speranza per tranquillare e ricomporre a calma quel popolo concitato, e recavasi di volo al Quirinale.2


  1. Vedi Ranalli, vol. I, pag. 211.
  2. Vedi il Diario di Roma, del 17 luglio 1817; - Vedi il Contemporaneo, del 17 e del 24 detto; — Vedi la Pallade, del 17.