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Non si creda però che il Torlonia, il Piombino, e gli altri nobili romani facesser ciò spontaneamente. Le son cose che così talvolta si dicono e si stampano, e pure non sono cosi. La verità fu, e possiamo rendercene mallevadori, che l’amnistiato Antonio Lupi (quello stesso che nel 1831 si era posto a capo della sollevazione in Roma) ne fu o almeno ne figurò il promotore. Esso girava, procurava le sottoscrizioni, e presiedeva alla spesa. Fu dunque la paura, in gran parte, di passare per retrivo o per non favorevole agli amnistiati, ch’estorse il sì a tutti.

La sera dell’11 di luglio, mentre era già preparato il monumento sulla piazza del Popolo, ebbe luogo il trasporto della statua colossale di Pio IX dallo studio del milanese d’Ambrogi nel palazzo di Venezia alla piazza anzidetta.

Era accompagnata da numeroso stuolo di giovani i quali con torcie accese in mano andavan cantando il coro di Sterbini: «Scuoti, o Roma, la polvere indegna.» Al loro passaggio s’illuminò immantinente il Corso, e si ebbe così una festa improvvisata. Tanto è proclive il popolo romano per generosità di cuore e voglia di divertirsi a volgere tutto in festa e spettacolo.1

Li seguito della rinuncia del cardinal Gizzi venne spedito il giorno 10 un messo al cardinale Gabriele Ferretti in Pesaro d’ordine del Santo Padre, invitandolo a recarsi subito in Roma per assumere l’officio di segretario di stato.2

Avvicinavasi il giorno 17 destinato a solennizzare l’anniversario dell’amnistia. Si osservava da molti un’affluenza insolita di gente sconosciuta, molti dei quali con aspetto torvo e sinistro. Quel formarsi dappertutto gruppi di persone parlantisi fra loro a voce bassa; quel non so che di misterioso che appariva, faceva presagire dover accadere ben presto qualche cosa di tristo, e d’inaspettato.


  1. Vedi la Pallade, n. 16 — Vedi il Contemporaneo, n. 17.
  2. Vedi il vol. III dei Documenti, n. 20.