Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. I).djvu/245


della rivoluzione di roma 235

Non è a illudersi però; i progressisti ebbero colla notificazione del cardinale una grave sconfitta; imperocchè far desistere dalle dimostrazioni chi appunto nelle dimostrazioni consister faceva il mezzo più valido della rivoluzione pacifica si, ma rivoluzione che voleva effettuarsi, era questione di essere o non essere, era insomma questione di vita di morte.

Immenso fu dunque, quantunque represso, il rancore, fondate le apprensioni future, necessari pei promotori altri provvedimenti, altri mezzi per conseguir l’intento.

Sintomi di agitazione intanto ovunque appalesavansi nell’ultima decina di giugno, e nei primi del luglio veniente. Qua e là i vetturini romani insultare e accendere risse coi vetturini regnicoli. I lanaiuoli romani contro quei di Arpino, che nello stesso opificio lavoravano, venivano a risse e minaccie, ed eran pronti a mandare a fiamme ed a fuoco le macchine. Gli ebanisti contro i lor padroni tumultuavano; e lo avere ottenuto gl’Israeliti abilitazione di slargarsi oltre il claustro, accendeva le ire di molti artieri e bottegai; ire che nella plebe superstiziosa ad arte diffondevansi per incitarla contro di essi ad atti riprovevoli e criminosi.1

Si sarebbe potuto credere, e da molti si credette, che oscuri emissari ad arte sparsi tra la plebe avesser suscitato cotali inimicizie; perchè se sempre eran vissuti in pace i cocchieri, gli ebanisti e i lanaiuoli, com’è che vennero fra loro ad inimicarsi tutto ad un tratto, senza un fatto antecedente o una causa qualunque che ne desse una spiegazione? E ciò in qual tempo? Nel tempo appunto in coi non facevasi che parlar di carità, di umanità, e di affratellamento, fino al punto di sentire di caricatura!

Si comprese allora dai più scaltri che questa era un’agitazione artificiale e fittizia, ma giovevole, sotto duplice scopo, alla rivoluzione.

1.° Rendendo necessaria la pacificazione fra i dissidenti, e così porgere il destro ed il merito ai Guerrini, ai Zauli-

  1. Vedi la Bilancia, n. 18, pag. 72; e n. 19 pag. 76.