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facilità nel credere all’altrui sincerìtà, e aver confidato troppo di avere ammansito gli animi degli ostili al papato e col perdono, e colle beneficenze, e colle concessioni; ma sulla rettitudine delle sue intenzioni non fia chi si attenti di spargere la minima ombra. Lungi dunque dallo ammettere che in un certo modo facessero a farsela, come dicesi volgarmente, noi diremo francamente che il primo fu onesto e sincero sempre, gli altri nol furono mai, e se lo furono per un istante, si fu a condizioni incompatibili col papato e fintanto che credettero di aver trovato nel papa un manutengolo alle loro mire. Ciò abbiamo provato in parte con quel che precede, e proveremo meglio con quel che seguirà.

Ma giacchè siam nel mese più fecondo di dimostrazioni, amiamo di proseguirne il racconto fino a quella che fu forse di tutte la più colossale, per non dire formidabile, cioè a quella del 17 giugno per l’anniversario della elezione del Santo Padre; proseguiremo quindi la narrazione delle nostre vicende fino alla istituzione della guardia civica, colla quale daremo principio al capitolo seguente.

Incominceremo pertanto a rammentare la festa che si diè il giorno 16 maggio in Zagarolo, grosso e bel paese di un cinquemila abitanti, appartenente ai Rospigliosi, e distante diciotto miglia da Roma. L’oggetto della feste fu la inaugurazione dello stemma pontificio. Venne date dal municipio e popolo di quella città, ma ne fu promotore il Zauli-Saiani. Ebbe luogo un banchetto di duecento commensali con poesie, brindisi, bandiere, e tutti quei soliti segni delle dimostrazioni; ed affinchè nulla vi mancasse, si mandò a prendere in Roma la solita compagnia di promotori di feste, cioè il marchese d’Azeglio, il dottor Guerrini, Angelo Bezzi e Ciceruacchio.1

Il giorno 24 venne a morte l’eminentissimo Micara cappuccino, il quale anche nel grado cospicuo del cardi-

  1. Vedi la descrizione della festa in Zagarolo dal giorno 16 maggio 1847, nel Documento del vol. II, n. 41 A.