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facendo soltanto strepito ed orgia di baccanti, erano specialmente per lo passato tempo (in cu! era a noi interdetto di riunirci in libera, comunque onorata conversazione, e chiamarci l’un l’altro) un’onta alla nostra dignità ed al nostro onore.»

Siccome poi le prime parole del foglietto dicevan così: «Nel giorno 21 di aprile di quest’anno 1847 vengono compiti 2598 anni,1 da che furon gittate le prime fondamenta di questa eterna città,» parve, che si volesse, facendo una parentesi del papato e dell’era cristiana, ricominciare a proseguire l’antico millesimo.

Vedasi da ciò intanto come si prendesser da lontano le mosse, e come, mentre s’inneggiava a Pio IX, si gittavan le prime scintille senza ritegno veruno di quel fuoco che volevasi accendere per ricostituire una Roma repubblicana.

In seguito di ciò non vi volle molto per distogliere i Romani dal recarsi al Cerbaro. I Tedeschi sentirono non essere più per loro il vento che spirava, e dimisero all’istante qualunque idea di festa; e così sparì dal calendario delle ricreazioni la festa del Cerbaro, sostituendovi invece quella del natale di Roma.

Ebbe dunque luogo come abbiam detto di sopra il succitato banchetto, al quale intervennero più di ottocento persone oltre ad un numero immenso d’individui muniti di biglietto d’ingresso, per assistere semplicemente alla festa.

Vi recitarono componimenti

Il march. Luigi Dragonetti
» prof. Francesco Orioli
» dott. Pietro Sterbini
» march. Massimo d’Azeglio
» dott. Pietro Guerrini
» poeta Giuseppe Benai
  1. Per errore quell’anno si computò il 2598, non adottandosi allora, come pur si deve, l’era Varroniana, secondo la quale quel computo poi fu corretto. Però dovea dirsi l’anno 2600.