Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. I).djvu/195


della rivoluzione di roma 185

mava di stringere col governo pontificio, fossero per tornare a somma utilità dei cattolici dimoranti in quel vasto impero, la cui religiosa condizione quanto più sarebbesi migliorata mercè della continuazione dell’aumento del potente sovrano patrocinio inverso loro, tanto più preziosa gli sarebbe stata la sua amicizia, e più gradito l’effetto delle proposte amichevoli relazioni.»

Fu presente alla detta udienza il cardinale Mezzofante; ed il procuratore degli Armeni Don Arsenio Angiarakian fece da interprete. Restò Chekib Effendi parecchi giorni in Roma, ne visitò le magnificenze, e il primo di marzo fece la sua visita di congedo.1

Certamente ove si rifletta come nel brevissimo spazio di dodici giorni accadessero due avvenimenti importanti e inducenti entrambi speranze di migliore avvenire, non potrà non convenirsi che Pio IX, o colla nobiltà de’ suoi atti, o colla rettitudine delle sue intenzioni, o col suo aspetto dignitoso ad un tempo e sereno, aveva il potere di affascinare i cuori, ammollire gli animi, conciliarsi e rispetto e simpatie dell’universale; cosicchè ben a ragione Pietro Giordani parlando di lui, lo chiamò: «Questo miracolo di papa.»2

Ma il vedere quegl’Inglesi amici di Roma, ma sopra tutto della Roma monumentale, della Roma storica, della Roma pagana, e sì poco amici (almeno il loro governo) della Roma papale, i quali, fino dal tempo della regina Elisabetta, interrotte le relazioni con Roma, neppure come potenza consideravanla, in guisa che non vi era nè poteva esservi fra i due stati scambio di rappresentanti; quegl’Inglesi stessi diciamo, passando sopra ai secolari rancori ed alle tradizionali antipatie, chiedono di essere alla Santità Sua presentati per ringraziarla del bene fatto ai loro connazionali, pronunziare inoltre un discorso, riceverne una risposta, ed essere questa pubblicata in un giornale, che

  1. Vedi il Diario di Roma del 2 mano 1847.
  2. Vedi Miscellanee, vol. XXXIII, n. 6.