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della rivoluzione di roma | 171 |
lità del potere temporale dei papi ha ricevuto, avanti il tribunale di tutte le potenze cattoliche, e dei cattolici di tutto il mondo, la sua suprema sanzione, ed è passata, come legalmente si dice, il re-giudicata.
Ritornando ora, dopo esserci divagati alquanto in una questione estranea, allo stato delle finanze del governo pontificio nell’anno 1846, deve porsi mente che il deficit, oltre allo essere stato minore di quanto si era preveduto, il movimento straordinario prodotto dai lieti eventi (perchè fino al 1846 non si vider che rose) aumentò di molto la circolazione fra gl’indigeni, attrasse a Roma un numero insolito di persone, in guisa che, essendosi accresciuto il consumo di tatti i generi, si dette un nuovo impulso alla circolazione del danaro.
Nè si creda a quelle voci maligne che si sollevano per dipingerci coi più foschi colori il pauperismo del popolo romano, quasi che fosse un accozzaglia di vili accattoni, imperocchè, sebbene poveri vi sian dappertutto, e niuno ce ne somministra più largo esempio della superba Londra, pure non ostante Roma non è stata, non è, e non sarà, lo speriamo, in quella condizione infelice nella quale si vorrebbe rappresentare.
In Roma niuno si muore di fame come in Londra, e grazie alle istituzioni moltiplici di beneficenza, e alla carità cittadina, e non filantropia cosmopolitica, che vi domina, non mancano mai mani soccorrevoli per alleviar lo stato dei miseri.
In Roma vengono, dalla restaurazione del 1815 in poi, un tre milioni di scudi romani all’anno, che vi arrecano gli esteri di tutte le nazioni del mondo. E prima dell’ultima rivoluzione Roma non aveva conosciuto che forastieri i quali portavano, mentre, sotto l’impero della medesima, conobbe quelli soltanto che portavano via.
Le case dei privati presentano traccie di proprietà, e di quello che gl’Inglesi chiamano il confortable, che prima era conosciuto soltanto dai grandi. Il danaro vi abbonda