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a rettificazione d’idee inesatte o esagerate sulla medesima.

Il governo pontificio fin dai primi anni dopo la sua restaurazione presentò quasi annualmente un qualche sopravanzo dalla rendita alla spesa, in guisa che fino dai 1826 potè la santa memoria di Leone XII diminuire di un quarto la dativa reale e imposta prediale, stabilire una modica tassa pel registro, e varie altre abolirne.1

Dalla restaurazione pontificia a tutto l’anno 1828 eransi esperimentati dei sopravanzi per scudi 5,132,626,37,2 i quali avrebber continuato se negli anni 1828 e 1829 non si fossero risentiti gli effetti della diminuzione della dativa ordinata da Leone XII, e che portò in quei due anni una diminuzione d’incasso o diciam meglio uno sbilancio di sc. 171,726,80 ½; nel 1830 se n’ebbe altro di 168,401, 88, 6, ma è da riflettersi che nel 1830 s’incominciarono a provare le conseguenze della rivoluzione di Francia. Comunque si voglia egli è indubitato che sotto il governo dei preti, prima che scoppiasse la sommossa delle Romagne nel 1831, che fu conseguenza di quella di Francia, si erano avuti non deficit, ma sopravanzi per circa cinque milioni di scudi, cosicchè non vi è dubbio veruno che proseguendo gradatamente sullo stesso sistema, e prescindendo ancora da altre migliorie che nell’amministrazione si fossero introdotte, poteva trovarsi in grado di portare ulteriori alleggerimenti ai pubblici balzelli negli anni successivi.

Ma disgraziatamente il nemico della società umana, la rivoluzione, venne a visitare lo stato pontificio nell’incominciare dell’anno 1831, e distruggere così non solo le liete speranze, ma aggravarlo di spese straordinarie, e costringerlo a contrarre dei prestiti i quali non potevano non riuscire rovinosi, viste le condizioni soprattutto nelle quali si era costretti di contrattarli.


  1. Vedi Farini, vol. I, pag. 28. Vedi Sommario, n. 11. Vedi Gualterio, Documenti, alla pog. 90.