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della rivoluzione di roma | 145 |
Non crediamo diffonderci ulteriormente in siffatta digressione, bastandoci di aver dato un cenno di ciò, come di una strana opinione invalsa, e che in allora fu il tema di tutte le conversazioni. Chiunque poi voglia acquistare su di ciò più maturi giudizi non avrà che a consultare le opere sovraccennate, non che una dissertazione di Francesco Spada pubblicata nel 1843.1
Nella seconda decina di dicembre non essendo occorse cose notevoli, slam giunti al 21, nel quale giorno il Santo Padre tenne concistoro segreto in cui provvide a otto Chiese vescovili, una arcivescovile, conferì un vescovato in partibus e creò cardinali:
Monsignore Gaetano Baluffi, anconitano, arcivescovo, vescovo d’Imola;
Monsignore Pietro Marini, romano, governatore di Roma. Due personaggi egualmente illustri per probità e per dottrina; celebre il primo per le sue opere pubblicate; onorato, e considerato il secondo come uno dei luminari della legislatura.
Si approvò, o almeno non eccitò clamori per parte dei liberali la prima scelta, ma la seconda si vituperò apertamente e fu cagione che si suscitasse una tempesta. Andiamo a svolgerne i motivi.
Forti sempre nel principio stabilito, che applausi e biasimi partivan tutti dalle stesse sorgenti, faremo riflettere che da vari mesi era il Marini in uggia ai liberali per certi propositi che se gli attribuivano, contrarî non in genere, ma in ispecie all’amnistia, quasi che avesse premunito di andare piano con gente sul cui ravvedimento poco era a sperare.
Veniva accresciuta la odiosità di questi propositi dalla presunzione fondata che niuno meglio di lui, come governatore di Roma, e direttore generale di polizia, non che
- ↑ Vedi Spada Francesco Di una falsa opinione comunemente abbracciata in Roma drea le inondazioni del Tevere, Roma, Menicanti, 1843, in un opuscolo in-8 di 24 pagina.