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Queste furon dunque le parole che scrisse, questi i sospetti e gli scrupoli che sorsero per un momento nella mente del celebre autore delle Speranze d'Italia; e siccome le giudicammo d’importanza, e non troverebbonsi fra le sue opere stampate, così credemmo doverli riportare per disteso. Ma intanto risulta chiaramente dal fin qui detto, che le surriferite manifestazioni avrebbero avuto il loro merito, ed avrebbero acquistato una politica importanza, se fossero emanate dal popolo, e caratterizzate dallo spirito di spontaneità.

Ma ove ne sia dato di discoprire invece, che non furono se non la esecuzione di ordini ricevuti, esse perdono tutto il prestigio loro, e rassomigliansi alle evoluzioni militari comandate dagli ufficiali, e nelle quali il soldato, come macchina, obbedisce senz’altro al cenno de’ suoi superiori. E siccome per cospirare al sicuro faceva d’uopo d’un paese libero, si scelse Parigi come centro a tal uopo adattato.

Intanto queste manifestazioni, senza alcun frutto eseguite contro una potenza di prim’ordine qual è l’Austria, e colla quale in virtù del trattato di Vienna tutte le altre trovavansi collegate e interessate a sostenerla, non potevano non dare ombra ai governi, e mentre tenevano in attività le polizie, inquietavano gli spiriti. Aggiungi che i sovrani d’Italia mentre avrebber voluto abbandonarsi con securtà alla introduzione di miglioramenti e riforme, ne eran rattenuti e messi in diffidenza per quella imprudente dimostrazione ch’emanava evidentemente dal nemico comune la rivoluzione italiana. E così tanto toglievano alle cure di procurare il benessere materiale, quante dedicarne dovevano alle cautele per preservarsi da una sorpresa, e da una compromessa.

Che se il conte Balbo, nella sua integrità di carattere, non potè resistere all’impeto di riprovare la dimostrazione anti-austriaca, quantunque sincera nel suo significato, sol perchè gliene parve sospetta la spontaneità, che cosa non