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i soldati postivi a guardia. Già diecimila uomini impugnano le armi; donne, fanciulli, vecchi, innalzano dovunque barricate. Tutto questo si faceva dai popolani, il senato non vi voleva partecipare. I soldati austriaci non osavano più inoltrarsi tra un popolo furibondo. Così la città di Genova si travagliava per più giorni in guerra. I nobili si fanno mediatori fra la patria e gli stranieri che l’opprimono. Il doge da un lato intercede per gl’insorti, e dall’altro gl’infiamma. Finalmente Doria, uomo ai Genovesi diletto, dirige i moti della moltitudine e ne forma un’armata. Tentano gli Austriaci di uscire dalla cittadella per andare all’arsenale; assaltati, circondati, oppressi, e fin dalle donne che dall’alto dei tetti rovesciavano sopra essi ciò che il furore poneva loro tra mano, muoiono in numero di ben 4000. Quindi i Genovesi co’ loro cannoni assediano una torre che li soverchia, e la diroccano. Travi, campane, e Tedeschi rovinano a terra in un mucchio. Si odono rimbombare le artiglierie da ogni parte, gli archibusi strepitare, grida tedesche e italiane alzarsi; frastuono orribile e misto, a cui aggiunge terrore un continuo suono di campane a martello di tutte le chiese, segno che una santa religione si mescola ad una santa causa. Genova felice che tali cose tramandò; e se fia che un giorno le ravvedute generazioni pensino che nei forti e virtuosi fatti consistono l’amor della patria, l’amor della libertà, Genova sarà lodata di avere rinnovato in tempi corrotti la romana virtù.

» Il marchese Botta ferito fugge di posto in posto, e perduta la città, ripara al faro, dove con vergognosa capitolazione salva una parte del suo esercito da questa sommossa, più danneggiato che da una battaglia campale.

» Genova è liberata, ed ha fiaccato l’orgoglio di coloro, che con tanta insolenza l’insultavano e la rubavano. Tanta forza Iddio spira a chi difende la patria!!!