Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
della rivoluzione di roma | 127 |
Non vi fu censura per parte dell’autorità civile come ecclesiastica. Ebber facoltà i promotori di farsela da per loro. E questo si disse uno sbaglio grandissimo dell’autorità. È inutile il dire che i componimenti in genere sentivano di patriottismo non solo, ma riboccavano di espressioni allusive alla nazionalità ed alla indipendenza italiana.
Il convito fu lietissimo, frugale e senza fasto il banchetto. Molti degli astanti richiedevansi l’un l’altro, e il sentimmo ancor noi ch’eravamo presenti, se si stesse nella Roma dei papi o in quella dei Gracchi.
Un busto colossale di Pio IX, opera dello scultore Villa di Milano, posto sulla scena, sembrava fare gli onori del convito. Non mancarono applausi fragorosi a Pio IX e all’Italia, ai quali prendevan parte e i commensali in platea e gli spettatori nei palchi.
Vi si osservò l’ordine il più perfetto, ma increbbe assai che niuno dei nobili v’intervenisse, e siccome in quella sera davasi un ballo in casa del principe Borghese, ballo che altamente riprovossi dagli uomini del movimento, se ne attribuì ad esso la cagione, quasi che la cosa fosse stato fatta espressamente per chiamare altrove l’aristocrazia. Accadde quindi che una parte dei convitati i quali, un poco per la potenza di Bacco, un poco per quella delle Muse, avevano soverchiamente inebriati gli spiriti, recaronsi sotto al palazzo del principe, e con quei segni non equivoci di disapprovazione, che chiamansi volgarmente fischi, manifestarono il loro malcontento. Tranne questo aneddoto dispiacente, non vi fu sconcio di sorta.
Il banchetto, o come chiamossi, il convito nazionale è narrato nella Pallade di Gerardi.1
- ↑
Vedi la Pallade di Gerardi del 18 novembre 1846. » Ranalli vol. I, pag. 76. » Prosa e poesia del Saiani, nel vol. XII, Miscellanee num. 11. » Sterbini, prosa e versi, nel vol. XXIV, Miscellanee, num. 1. » Documenti vol. I, num. 58, 59 e 60. » Appendice ai Documenti, num. 3.