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della rivoluzione di roma | 119 |
fece di molte vittime innocenti, che più tardi ne pagarono il fio.
Tutti gloriavansi in allora di conversare cogli amnistiati. Ad, essi tutte le simpatie, ad essi eran rivolti i primi onori e le cortesi accoglienze. E siccome lo stesso pontefice, come padre amoroso, non isdegnò di parlare e d’intrattenersi con taluno de’ suoi figli traviati per ricondurli stabilmente nel retto sentiero, così i Romani stessi credevano che non disdicesse loro di fare buon viso agli amnistiati.
Gli uomini intanto dell’antico sistema sorpresi ed intimoriti per l’insolito cambiamento, incedevano a capo chino, e ciascuno a preservaaione della propria tranquillità teneva ermeticamente chiusa la bocca. Questa era già la condizione di Roma nel novembre del 1846. Quale dovesse essere in seguito, si potrà agevolmente congetturare.
In così favorevole opportunità il grande agitatore Mazzini, non si lasciò sfuggire dalle mani il destro, e divisò di spedire in Italia due emissari colle sue istruzioni bene determinate pe’ suoi affigliati onde trarre partito dalle favorevoli circostanze, o come francescamente direbbesi per exploiter la situation.
In queste istruzioni tracciavasi così bene il modo di guadagnare i sovrani, i grandi, il clero, e sì ben prescrivevasi il modo da condursi col popolo che, pei vergini d’idee, e di animo semplice e sincero, era impossibile il non lasciare accalappiare.
Questi emissari partirono in sul finire di ottobre dalla Svizzera per recarsi, ad esercitazione del loro apostolato, in Italia. La presunzione pertanto è che nei primi dieci giorni di novembre fossero in Roma, e vi avesser diramato le loro istruzioni per profittare della pompa del Possesso, che come dicemmo vi aveva attirato un numero straordinario di concorrenti, e del banchetto patriottico destinato pel giorno 11, che ne aveva ritenuto una gran parte; cosicchè, nè tempo migliore poteva scegliersi, nè