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che festeggiano? Dunque nulla era a potersi fare, e null’altro restava che rassegnarsi, e sperare nel tempo.

Intanto i popoli eransi data la mano. Bologna aveva inviato un magnifico sonetto a Roma impresso in pergamena e a caratteri d’oro, e Roma ne aveva ricambiato Bologna con uno eguale, in segno d’amplesso fraterno.1

Le Provincie simpatizzavano coi Romani, portavano alle stelle il loro eroismo, e colla voce e collo scritto n’esaltavano la grandezza, e degni figli chiamavanli degli antichi dominatori del mondo. Era una scena quel sentire glorificati i Romani che dianzi deprimevansi e vituperavansi, e parificati agli eroi dell’antica Roma. In una parola, fosse pure un artificio di partito, è un fatto ohe Felsina esultava, Roma gavazzava, e che la capitale e le Provincie porgevansi amichevolmente la destra, e facevano a gara chi potesse stringerla più fortemente.

Nè il papa, anche a cose più inoltrate, ma che non fossero ancor giunte agli estremi, prender poteva risoluzione veruna. Doveva esso sopravvegliare alla salvezza dei cardinali, dell’alto clero, e di alcune corporazioni religiose, ch’erano in voce di avversare le iniziate riforme. Il solo arrestarne la continuazione avrebbe compromesso gravemente chi ne fosse ritenuto l’istigatore, e quindi gli avrebbe esposti ad essere sacrificati.

Non credasi ciò una esagerazione. I Romani, sia che lo avesser creduto naturalmente, sia che fosse stato loro artificiosamente insinuato, ritenevano che il liberalismo fosse stato quasi santificato dal pontefice, che il desiderio di emanciparsi dall’Austria sì aggirasse nella sua mente, e ch’esso fosse, quale si preconizzava, l’homo missus a Deo per quest’oggetto. 2

L’essere chiamato liberale divenne allora un vanto, e liberale e papalino divenner sinonimi. E questo equivoco

  1. Vedi il vol. I, degli Atti ufficiali, ov’è riportato in fine.
  2. Vedi nel volume stampe e litografie, il num. 3, ov’è un angelo che sorregge il ritratto del Santo Padre col motto homo missus a Deo.