Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
della rivoluzione di roma | 111 |
in buona fede e con rette intenzioni. Ed appunto perchè agivan di buona fede e con rettitudine d’intenzioni, avrebber veduto di mal occhio che se ne fosse voluto impedire la ripetizione; tanto più che le prime dimostrazioni riuscirono A liete, si commoventi, e sì grandiose, che gli animi ne restavano dolcemente inebriati e rapiti.
Che se la vera popolazione romana avesse potuto prevedere che cosiffatte dimostrazioni erano mezzo, e mezzo potentissimo, a minare e scassinare dalle fondamenta le basi dell’autorità, non vi si sarebbe associata per certo, perchè il vero Romano avendo ereditato i germi del grande del nobile, e del generoso, abborre tutto ciò che sente di basso, di vile, di vituperevole.
E ciò quanto alle dimostrazioni.
Eran già quattro mesi decorsi dalla elezione del Santo Padre, e tre dall’atto di amnistia, e ad onta della pressura che per tutti i versi, e in voce e in iscritto e col lenocinio delle feste erasi esercitato sul medesimo, poco o nulla vedevasi di ciò che contentar potesse gl’intemperanti desideri dei più corrivi, e le limitate speranze dei moderati.
Se togli di fatto la manifestazione delle buoni intenzioni per parte del Santo Padre, e qualche circolare della segreteria di stato sulla educazione della gioventù e sui sequestri a carico degl’impiegati, poco o nulla si vide di ciò che speravasi, e quindi parole d’impazienza già sfuggivan dal labbro mendace dei lodatori eccessivi.1
Il 10 di ottobre apparve come lenitivo altra circolare del cardinale Gizzi per promuovere lavori di pubblica beneficenza2 e la creazione di una commissione sotto la presidenza dell’eminentissimo segretario di stato, per una migliore divisione di materie e di attribuzioni fra i diversi offici di amministrazione pubblica, e per la istituzione di un Con-