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distinguevano, vuoi infine, per l’alta rappresentanza dì cui era rivestito, ci pare che valesse la pena di parlarne. Quanto al principe di Joinville, il solo Farini, parlando degli onori che in quei primi tempi rendevansì al pontefice, ne racconta colle seguenti parole l’arrivo: «Luigi Filippo, re di Francia, mandava il figlio principe di Joinville a complimentare e congratularsi con lui.»1

Il giorno 2 settembre fu memorando, perchè, mentre si celebrava nella chiesa dell’archiginnasio romano una messa funebre in suffragio dell’anima di Sua Santità papa Gregorio XVI, e l’abate, poi monsignor Palma, ne recitava l’elogio funebre2, solennizzavano i Gesuiti, con una sontuosa accademia di poesia nel collegio romano, il sublime atto del perdono sotto il titolo di Trionfo della clemenza, e ne consegnavan quindi la descrizione alle stampe, in un libro in-16, pei tipi del Monaldi.3

Strana combinazione! In quel giorno in cui nella università romana, che rappresentava il pensiero moderno, si tessevano elogi a Gregorio XVI, considerato come il campione del pensiero antico, in quel giorno stesso dai padri Gesuiti, accusati di rappresentare i rancidumi di quelle idee, lodavasi invece l’atto del perdono, espressione glorificata del pensiero moderno.

Altra combinazione! Quell’abate Palma che lodava Gregorio XVI, divenuto poi monsignore, fu, due anni dopo, ucciso per isbaglio da uno dei ribelli al pontefice, nel momento che affacciavasi alla finestra del palazzo Quirinale. Si disse che fu la rivoluzione, la quale per mezzo di un legionario prese le sue vendette contro chi, lodando, Gregorio XVI, venne a vituperare la rivoluzione stessa ch’era da esso aborrita!4

Il giorno 5 del mese stesso, giacchè si era in tempi di

  1. Vedi Farini, Lo stato romano, Firenze, Le Monnier 1853 voi. I, pag. 166.
  2. Vedi il detto opusc. nel vol. I, dei Documenti, n. 80 A.
  3. Vedi Grandoni, pag. 18.
  4. Vedi il Diario di Roma del 5 e del 15 settembre 1846.