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vano tutti sudditi del papa e dell’imperatore, rappresentanti di Dio; l’uno era lo spirito, l’altro il corpo della società. Intorno a questi due Soli stavano gli astri minori, re, principi, duchi, baroni, a cui stavano di contro in antagonismo naturale i comuni liberi. Ma la libertà era privilegio papale e imperiale, e i comuni esistevano anch’essi per la grazia di Dio, e perciò del Papa o dell’Imperatore, e spesso imploravano legati apostolici o imperiali a tutela e pacificazione. Savonarola proclamò Re di Firenze Gesù Cristo, ben inteso lasciando a sè il dritto di rappresentarlo e interpretarlo. È un tratto che illumina tutte le idee di quel tempo.

Ci era ancora il papa, e ci era l’imperatore. Ma l’opinione, sulla quale si fondava la loro potenza non ci era più nelle classi colte d’Italia. Il papa stesso e l’imperatore avevano smesso l’antico linguaggio, il papa, ingrandito di territorio, diminuito di autorità, l’imperatore debole e impacciato a casa.

Di papato e d’impero, di guelfi e ghibellini non si parlava in Italia, che per riderne, a quel modo che della cavalleria e di tutte le altre instituzioni. Di quel mondo rimanevano avanzi in Italia, il papa, i gentiluomini e gli avventurieri o mercenari. Il Machiavelli vede nel papato temporale non solo un sistema di governo assurdo e ignobile, ma il principale pericolo dell’Italia. Democratico, combatte il concetto di un governo stretto, e tratta assai aspramente i gentiluomini, reminiscenze feudali. E vede ne’ mercenarii o avventurieri la prima cagione della debolezza italiana incontro allo straniero, e propone e svolge largamente il concetto di una milizia nazionale. Nel papato temporale, nei gentiluomini, negli avventurieri combatte gli ultimi vestigi del medio evo.

La patria del Machiavelli è naturalmente il Comune libero, libero per sua virtù e non per grazia del papa e dell’imperatore, governo di tutti nell’interesse di tutti.