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dizioni del medio evo l’uomo non può trovare la pace che nell’altro mondo. È la base della Divina Commedia. Il poeta materializza questo concetto e lo rende comico, cavandone la bizzarra concezione, che ciò che si perde in terra, si ritrova nell’altro mondo. Di qui il viaggio di Astolfo sull’ippogrifo nell’altro mondo, che è una vera parodia del viaggio dantesco. Il fumo e il puzzo gli impedisce di entrare nell’inferno; ma all’ingresso trova le prime peccatrici, punite, come Lidia, per la soverchia crudeltà verso gli amanti. È il concetto della Francesca da Rimini preso a rovescio, e divenuto comico. Poi sale al paradiso terrestre, e in un bel palagio di gemme trova san Giovanni evangelista, Enoch ed Elia, che gli danno alloggio in una stanza e provvedono di buona biada il suo cavallo, e a lui dànno frutti di tal sapore,

che a suo giudizio senza
Scusa non sono i due primi parenti
Se per quei fur sì poco ubbidienti.

Astolfo vi trova buon cibo, buon riposo e tutt’i comodi. È il paradiso terrestre materializzato. Di là, uscito del letto, con san Giovanni ascende sulla Luna. Qui la parodia prende forma satirica, senza fiele e in aria scherzosa. In un vallone è ammassato ciò che in terra si perde.

Le lacrime e i sospiri degli amanti,
L’inutil tempo che si perde a gioco,
E l’ozio lungo d’uomini ignoranti;
Vani disegni che non han mai loco,
I vani desiderii sono tanti,
Che la più parte ingombran di quel loco,
Ciò che insomma quaggiù perdesti mai,
Là su salendo ritrovar potrai.

Per comprendere questa ironia, bisogna ricordare che la Luna era come un castello di Spagna o un castello