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In questa ricostruzione di un mondo celeste accanto a una lirica di pace e di perdono, alta sulle collere e sulle cupidigie mondane, si sviluppa l’epica, quel veder le cose umane dal di sopra con l’occhio dell’altro mondo. Questa novità di contenuto, di forma e di sentimento, rende altamente originale il Cinque maggio, composizione epica in forme liriche. L’individuo, grande ch’ei sia, non è che un’orma del Creatore, un istrumento fatale. La gloria terrena, posto pure che sia vera gloria, non è in cielo che silenzio e tenebre. Sul mondano rumore sta la pace di Dio. È lui che atterra e suscita, che affanna e consola. La sua mano toglie l’uomo alla disperazione, e lo avvia pe’ floridi sentieri della speranza. Risorge il Deus ex machina, il concetto biblico dell’uomo e dell’umanità. La storia è la volontà imperscrutabile di Dio. Così vuole. A noi non resta che adorare il mistero o il miracolo, chinar la fronte. Meno comprendiamo gli avvenimenti, e più siamo percossi di maraviglia, più sentiamo Dio, l’Incomprensibile. La storia anche di ieri si muta in leggenda, diviene poesia epica. Napoleone è un gran miracolo, un’orma più vasta di Dio. A che fine? per quale missione? L’ignoriamo. È il secreto di Dio. Così volle. Rimane della storia la parte popolare o leggendaria, quella che più colpisce le immaginazioni, le battaglie, le vicende assidue, gli avvenimenti straordinarii, le grandi catastrofi, le miracolose conversioni. Il motivo epico nasce non dall’altezza e moralità de’ fini, ma dalla grandezza e potenza del genio, dallo sviluppo di una forza che arieggia il soprannaturale. Sono nove strofe, di cui ciascuna per la vastità della prospettiva è quasi un piccolo mondo, e te ne viene una impressione, come da una piramide. A ciascuna strofa la statua muta di prospetto, ed è sempre colossale. L’occhio profondo e rapido dell’ispirazione divora gli spazii, aggruppa gli anni, fonde gli avvenimenti,