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La base teorica di questa conciliazione è un nuovo concetto della verità, rappresentata non come un assoluto immobile a priori, ma come un divenire ideale, cioè a dire secondo le leggi dell’intelligenza e dello spirito. Onde nasceva l’identità dell’ideale e del reale, dello spirito e della natura, o, come disse Vico, la conversione del vero col certo. Il qual concetto da una parte ridonava ai fatti una importanza che era contrastata da Cartesio in qua, li allogava, li legittimava, li spiritualizzava, dava a quelli un significato e uno scopo, creava la filosofia della storia; d’altra parte realizzava il divino, togliendolo alle strettezze mistiche e ascetiche del soprannaturale, e umanizzandolo. Il concetto adunque era in fondo radicalmente rivoluzionario, in opposizione ricisa col medio evo e con lo scolasticismo, quantunque apparisca una reazione a tutto ciò che di troppo esclusivo e assoluto era nel secolo decimottavo. Sicchè quel movimento in apparenza reazionario dovea condurre a un nuovo sviluppo della rivoluzione su di una base più solida e razionale.

Il primo periodo del movimento fu detto romantico, in opposizione al classicismo. Ebbe per contenuto il cristianesimo e il medio evo, come le vere fonti della vita moderna, il suo tempo eroico, mitico e poetico. Il Rinascimento fu chiamato paganesimo, e quell’età che il Rinascimento chiamava barbarie, risorse cinta di nuova aureola. Parve agli uomini rivedere dopo lunga assenza Dio e i Santi e la Vergine e quei cavalieri vestiti di ferro e i tempii e le torri e i crociati. Le forme bibliche oscurarono i colori classici, il gotico, il vaporoso, l’indefinito, il sentimentale liquefecero le immagini, riempirono di ombre e di visioni le fantasie. Ne uscì nuovo contenuto e nuova forma. Il papato divenne centro di questo antico poema ringiovanito, il cui storico era Carlo Troya, e l’artista Luigi Tosti: Bonifacio VIII e