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rono in lui più il portato della moda, che il frutto di ardente convinzione. Fu liberale sempre. E come non esser liberale a quel tempo, quando anche i retrivi gridavano libertà, bene inteso, la vera libertà, come la chiamavano? E in nome della libertà glorificò tutt’i governi. Quando era moda innocente declamare contro il tiranno, gittò sul teatro l’Aristodemo, che fece furore sotto gli occhi del Papa. Quando la rivoluzione francese s’insanguinò, in nome della libertà combattè la licenza, e scrisse la Basvilliana. Ma il canto gli fu troncato nella gola dalle vittorie di Napoleone, e allora in nome della libertà cantò Napoleone, e in nome anche della libertà cantò poi il governo austriaco. Le massime eran sempre quelle, applicate a tutt’i casi dal duttile ingegno. Il poeta faceva quello che i diplomatici. Erano le idee del tempo e si torcevano a tutti gli avvenimenti. I suoi versi suonano sempre libertà, giustizia, patria, virtù, Italia. E non è tutto ipocrisia. Dotato di una ricca immaginazione, ivi le idee pigliano calore e forma, sì che facciano illusione a lui stesso e simulino realtà. Non aveva l’indipendenza sociale di Alfieri, e non la virile moralità di Parini; era un buon uomo che avrebbe voluto conciliare insieme idee vecchie e nuove, tutte le opinioni, e dovendo pur scegliere, si tenea stretto alla maggioranza, e non gli piacea di fare il martire. Fu dunque il segretario dell’opinione dominante, il poeta del buon successo. Benefico, tollerante, sincero, buono amico, cortigiano più per bisogno e per fiacchezza di animo, che per malignità o perversità d’indole, se si fosse ritirato nella verità della sua natura, potea da lui uscire un poeta. Orazio è interessante perchè si dipinge qual è, scettico, cinico, poltrone, patriota senza pericolo, epicureo. Monti raffredda perchè sotto la magnificenza di Achille senti la meschinità di Tersite, e più alza la voce, e più piglia aria dantesca, più ti lascia freddo. Ci è quel

De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. II 27