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Ciò che parevano i suoi versi, e ciò che ne pare a lui, si vede da questo epigramma contro i pedanti:
Vi paion strani?
Saran Toscani.
Son duri duri,
Disaccentati...
Non son cantati.
Stentati, oscuri,
Irti, intralciati...
Saran pensati.
Pure Alfieri, discepolo di sè, non era ben sicuro del fatto suo, e consultò Cesarotti, Parini, tutti quelli che andavano per la maggiore. Voleva un modello di verso tragico, e un barlume ne vedeva nell’Ossian. Ma voleva l’impossibile, e in ultimo prese il miglior partito, fece da sè. Osa, contendi, gli diceva in un bel sonetto Parini. E lui a sudare intorno a’ suoi versi, tormentandoli in mille guise; ma
Gira, volta, ei son francesi
gira a volta, ei son versi di Alfieri, energicamente individuali, carme più aguzzo assai, che tondo. Questo ei chiamava stile tragico. La forma letteraria era vuota e sonora cantilena. Lui, vi oppone questo stile, pensato e non cantato, energico sino alla durezza e pieno di senso. E non gli venne già da un preconcetto filosofico intorno all’arte, gli venne dalla sua natura: perciò in quelle sue asprezze è vivo e originale.
I critici biasimavano lo stile e lodavano tutto il resto, quasi lo stile fosse un fenomeno arbitrario e isolato. Non vedevano l’intima connessione che è tra quello stile e tutto il congegno della composizione. Perchè Alfieri, come sopprime periodi, ornamenti e frasi con lo