ma, e non solo nella commedia, ma nello scopo e nei mezzi dell’arte. Il protagonista nel primo sistema è il caso o l’accidente, le cui bizzarre combinazioni generano il maraviglioso. Gli uomini ci stanno come figure o comparse, appena schizzati, avvolti nel turbine degli avvenimenti. La vita è nella superficie; l’interno è occulto. In questa superficialità ottusa si era consunta la vecchia letteratura, ed esaurite tutte le forme del maraviglioso, non bastava più a conseguire l’effetto con mezzi proprii, senza il sussidio del canto, della musica, del ballo, della mimica, della declamazione. La parola non era più il principale, era l’accessorio, il semplice tema, l’occasione. Anche la commedia si credea inetta a conseguire il suo effetto senza il sussidio delle maschere, senza quell’improvviso de’ lazzi degli Arlecchini, de’ Truffaldini, de’ Brighella e de’ pantaloni. Ora l’idea fissa di Goldoni era che la commedia potea per sè sola interessare il pubblico, e che non le era necessario a ciò lo spettacoloso, il gigantesco, il maraviglioso in maschera e senza maschera. La sua riforma era in fondo la restaurazione della parola, la restituzione della letteratura nel suo posto e nella sua importanza, la nuova letteratura. E vide chiaramente che a ristaurare la parola bisognava non lavorare intorno alla parola, ma intorno al suo contenuto, rifare il mondo organico o interiore dell’espressione. Questo vide nella commedia, e mirò a instaurarvi non gli elementi formali e meccanici, ma l’interno organismo, sopra questo concetto, che la vita non è il gioco del caso o di un potere occulto, ma è quale ce la facciamo noi, l’opera della nostra mente e della nostra volontà. Concetto del Machiavelli, dal quale usciva la Mandragola. Perciò il protagonista è l’uomo, con le sue virtù e le sue debolezze, che crea o regola gli avvenimenti, o cede in balìa di quelli. Manca a Goldoni non la chiarezza, ma l’audacia della riforma,