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tavano furiosamente gli scarsi guadagni. Gozzi difendeva la compagnia Sacchi, tornata di Vienna, e trovato il suo posto preso dalle compagnie Chiari e Goldoni. Il Sacchi era l’ultimo di quei valenti improvvisatori comici, che giravano l’Europa e mantenevano la riputazione della commedia italiana a Vienna, a Parigi, a Londra. Musici, cantanti e improvvisatori erano la merce italiana che ancora avea corso di là dalle Alpi. La commedia a soggetto, alzatasi sulle rovine delle commedie letterarie accademiche e noiose, era padrona del campo a Roma, a Napoli, a Bologna, a Milano, a Venezia. Era della vecchia letteratura il solo genere vivo ancora, considerato gloria speciale d’Italia, e solo che ricordasse ancora in Europa l’arte italiana. Gli attori venuti in qualche fama andavano a Parigi dov’erano meglio retribuiti. Ma come a Parigi Molière fondava la commedia francese, combattendo le commedie a soggetto italiane, così a Venezia Goldoni, vagheggiando a sua volta una riforma della commedia, l’avea forte con le maschere e con le commedie a soggetto. Questo pareva al Gozzi quasi un delitto di lesa-nazione, un’attentato ad una gloria italiana. La contesa oggi sembra ridicola, e pare che potevano vivere in buon’amicizia l’uno e l’altro genere. Ma ci era la passione, e ci era l’interesse, e i sangui si scaldarono, e molte furono le dispute, insino a che Goldoni, cedendo il campo, andò a Parigi. La sua fama s’ingrandì, e impose silenzio al Baretti e rispetto al Gozzi, soprattutto quando Voltaire lo ebbe messo accanto a Molière. Da tutto quell’arruffio non uscì alcun progresso notabile di critica, essendo i Ragionamenti del Gozzi pieni più di bile che di giudizio, e vuote e confuse generalità, come di uomo che non conosca con precisione il valore de’ vocaboli e delle quistioni. Ma ne uscirono i primi tentativi della nuova letteratura, le commedie