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all’ultima impressione. Si trova eroe per occasione, un eroe così equivoco, che impedisce ad Emirena di baciargli la mano, tremando di una nuova impressione. Maggiori pretensioni all’eroismo ha Osroa, il re de’ Parti, reminiscenza di Iarba. Un patriota, che appicca l’incendio alla reggia, che uccide un creduto Adriano, che è condannato a morte, che supplica la figlia di ucciderlo, sarebbe un carattere interessantissimo, se nel pubblico e nel poeta ci fosse il senso del patriottismo. Ma Osroa ha più dell’avventuriere che dell’eroe, e di un avventuriere sciocco e avventato, che non sa proporzionare i mezzi allo scopo, e nelle situazioni più appassionate della vita discute, sentenzia. A Emirena, la sua figlia, che ricusa di ucciderlo, risponde:

Non è ver che sia la morte
     Il peggior di tutt’i mali:
     È il sollievo de’ mortali
     Che son stanchi di soffrir.

Aquilio è una caricatura di Iago, un basso e sciocco intrigante da commedia. Sabina, Emirena, Farnaspe sono nature superficialissime incalzate dagli avvenimenti, senza intima energia negli affetti, e tratte ad atti generosi per impeti subitanei. Se dunque ci approfondiamo in questo mondo eroico, vediamo con quanta facilità si sdrucciola nel comico, e come sotto un contrasto apparente, in verità questa vita eroica è in se stessa di quella mezzanità, che può accogliere nel suo seno il volgare e il buffo della società contemporanea. Di tal natura è la scena, in cui Emirena finge di non riconoscere il suo innamorato, che rimane lì stupido e col naso allungato, o l’altra in cui Aquilio insegna ad Emirena l’arte della cortigiana, ed Emirena, botta e risposta, gli fa il ritratto del cortigiano, o quando Adriano si fa menare pel naso da Osroa, o l’arrivo improvviso di Sabina da Roma, e