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netrava già in questa forma così apparecchiata a riceverla, e la canzone diveniva la canzonetta, la cantata e l’arietta, e il dramma pastorale diveniva il dramma in musica. Le canzonette del Rolli erano in molta voga, ma già si disputava, quale ne facesse di migliori, o il Metastasio, o il Rolli. Sciupata l’eredità del Gravina, il nostro Metastasio, visto che l’Arcadia non gli dava pane, ricordò i consigli del maestro, e andò a Napoli col proposito di far l’avvocato. Ma Napoli era già il paese della musica e del canto. E le sue arringhe furono cantate ed epitalamii. In occasione di nozze prima si scrivevano sonetti e canzoni; allora erano in voga epitalamii, cantate e feste teatrali. Il Metastasio fu poeta di nozze, e restano di lui tre epitalamii, storie mitologiche e idilliche, dove è visibile l’imitazione del Tasso e del Marino. Canta le nozze di Antonio Pignatelli e Anna de’ Sangro, evocando gli amori degli sposi, e naturalmente Anna è Venere, e Antonio è Marte. Vi trovi il monte dell’amore, che ricorda il giardino di Armida, e tutto il vecchio repertorio mitologico, immagini e concetti. Ecco come descrive Anna:
Se in giro in liete danze il passo mena,
Se tace o ride, o se favella o canta,
Porta in ogni suo moto Amore accolto,
Pallade in seno e Citerea nel volto.
Vicino al lato suo siedono al paro
Con la dolce consorte il genitore,
Coppia gentil d’illustre sangue e chiaro,
Vivi esempli di senno e di valore:
Alme che prima in ciel si vagheggiaro,
E poi quaggiù le ricongiunse Amore:
E dier tal frutto che non vede il Sole
Più nobil pianta e più leggiadra prole.
Sono ottave mediocrissime e poco limate, ma dove già trovi facilità di verso e di rima e molta chiarezza.