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vulgata, la propaganda era irresistibile. Nelle altre nazioni appariva appena, e nelle sue forme più modeste.
La forma più temperata di questo movimento era l’antica lotta tra Papato e Impero, divenuta lotta giurisdizionale tra la corte romana e le monarchie. In questo terreno i novatori avevano per sè i principi, e all’ombra loro spandevano le nuove idee. I giureconsulti stavano per antica tradizione co' principi, e difendevano i loro diritti contro la Chiesa con una dottrina ed un acume non scevro di sottigliezza sofistica: erano i liberali di quel tempo, e fu loro opera che le nuove idee si dilatassero nella classe colta. Nel campo avverso erano i gesuiti, inframmettenti, intolleranti, che invelenivano la lotta e ne allargavano le proporzioni. Erano essi lo sprone che stuzzicava l’ingegno. In quel contrasto si formò Paolo Sarpi; da quel contrasto uscirono le Provinciali di Pascal, e il giansenismo e la scuola di Portoreale e le libertà gallicane, preludii di quel movimento, che prendeva allora in Francia, proporzioni così vaste. Ma in Italia il movimento iniziato con tanta larghezza e ardire nel cinquecento, arrestato e snaturato dalla reazione trentina, si manteneva ancora in quella forma, era lotta giurisdizionale tra papa e principi. Il pensiero era ito molto innanzi, ma in pochi o tra pochi; ci erano fantasie solitarie; mancava l’eco, non ci era ancora la moltitudine. Ma il movimento in quella forma così circoscritta guadagnava terreno, e costituiva un vero partito politico, intorno al quale stava schierata tutta la borghesia. Era un liberalismo a buon mercato, via a fortuna e favori principeschi, quando rimaneva in quei limiti, e, attaccando curia e gesuiti, si mostrava riverente al papa e alla Chiesa. In Napoli la coltura avea preso questo aspetto, e mentre il buon Vico fantasticava una storia dell’umanità e andava col pensiero così lungi, fervea la lotta giurisdizionale, dov’erano principali attori giure-